martedì 27 ottobre 2020

Le Multinazionali responsabili fanno bene all’economia sana e dunque a tutti!

 

Perché mai una multinazionale dovrebbe far rispettare all’interno della propria organizzazione l’attenzione ai diritti umani e all’ambiente nel paese in cui opera? Perché, oltre ad essere un’ovvietà, tutti abbiamo da guadagnarci! E quando dico tutti, penso alle popolazioni e all’ambiente del paese ove queste aziende operano; sono dunque toccati aspetti sociali, economici, ecologici, fiscali e altro ancora. Ma penso pure al nostro paese le cui case madri hanno tutto da cui trarre profitto, dal profilo della gestione aziendale come da quello dell’immagine e della responsabilità che portano anche in Svizzera dove già questi principi sono messi in atto.

Riflettiamo su questo aspetto che definirei di “bene comune”, appunto un bene che desideriamo sia per tutti. Come è possibile che, in particolare, una grande azienda riesca ad implementare e controllare le procedure legate alla qualità della produzione, alla quantità, agli aspetti commerciali anche nei più remoti angoli della terra e allo stesso modo non riesca a controllare come operano le proprie filiali e partner all’estero in materia di diritti umani e protezione ambientale? Due pesi e due misure? Priorità commerciali da una parte e aspetti secondari dall’altra? È vero che ci sono stati tentativi di miglioramento, ma il potere finanziario che alcune multinazionali posseggono, permette loro di scavalcare molti ostacoli ad esempio nei confronti dei governi locali; pertanto è giusto che anche dall’estero ci sia la possibilità per privati di far ricorso a cause civili presso i tribunali svizzeri.

Questa iniziativa -che ha avuto un’insolita lunghezza nell’iter prima di giungere alla votazione popolare- ha il pregio di essere sostenuta da molte organizzazioni della società civile, in particolare Organizzazioni non governative -ONG-, impegnate nei settori più disparati. Ci sarà un motivo del perché una fascia così ampia della società civile, da anni, si è messa in moto per questa iniziativa. Non si tratta di ideologismo -come qualcuno vorrebbe far credere, sviando il discorso- si tratta di capire che se vogliamo costruire un mondo migliore, dove il legittimo guadagno che ogni azienda produce, sia generato in modo rispettoso dell’essere umano e dell’ambiente anche all’estero; dobbiamo essere attenti a quei diritti di base che toccano tutti anche se realizzati in luoghi lontani da noi. Non si tratta nemmeno di essere contro le aziende -i buoni da una parte e i cattivi dall’altra- perché la maggior parte di esse sono sane e creano ricchezza da ridistribuire rispettando il capitale umano e le popolazioni che accolgono queste imprese. Le aziende, però, sono sane non solo se producono utili, ma anche perché questi utili sono generati con serietà, rispetto e sostenibilità e dunque anche la ricchezza ridistribuita ha un valore intrinseco maggiore. Sono concetti che la Dottrina sociale della Chiesa cattolica offre alla riflessione e alla loro messa in pratica almeno dal 1891.

Pertanto per il bene di tutti, pensiamo a questa iniziativa come paradigma di fare impresa in un modo nuovo a certi livelli e di promuovere un’idea di sviluppo che sia sostenibile per tutti, in Svizzera come all’estero. Anche per questo è importante votare SI il 29 novembre prossimo.

Marco Fantoni

Direttore Caritas Ticino