1000sima puntata di CATIvideo, 20 anni di produzione televisiva di Caritas Ticino
Un video su youtube di 30 min per festeggiare il compleanno.Un articolo sul Giornale del Popolo (di Roby Noris)
Estate 1994, una telefonata di Filippo Lombardi, direttore del GdP, che stava organizzando il magazine televisivo “Caffè del Popolo” da trasmettere sul canale TV Telecampione: «Non vorresti fare con noi una trasmissione televisiva settimanale di Caritas Ticino?». Sono andato dal vescovo Eugenio Corecco che mi ha detto «bisogna farlo».
A Natale 1994 andava in onda la puntata di Caritas Insieme numero uno. E, dopo vent’anni, eccoci alla 1000esima puntata su YouTube e su TeleTicino. Doveroso un ricordo affettuoso e grato al Vescovo lungimirante che ci ha indicato la strada, l’amico saggio che aveva intuito i mutamenti profondi nella comunicazione, nonostante non fosse ancora esploso il mondo digitale della rete internet, anche per una piccola organizzazione socio-caritativa, che, accanto alla sua azione sociale sul terreno, doveva promuovere una visione solidale, doveva raggiungere la gente per portare un pensiero carico di speranza, con mezzi elettronici adeguati che entrano in tutte le case.
Di fronte alle fortissime critiche di chi non capiva perché Caritas Ticino spendesse soldi per telecamere e, soprattutto, per trasmettere su un canale che di notte aveva una programmazione a luci rosse, il Vescovo diceva che bastava spegnere la TV di notte e guardarla di giorno quando trasmettevamo noi. La prima forma di carità evangelica è quella di diffondere idee sane.
Sullo stabile del CATISHOP.CH inaugurato un anno fa a Pregassona, un tabellone luminoso, metallico, di 600 kg e 4 metri x 8, ricorda ai passanti la sintesi del pensiero economico e sociale di tutta l’azione di Caritas Ticino, una frase del vescovo Eugenio del 1992: «È limitante guardare all’uomo e valutarlo a partire dal suo bisogno, poiché l’uomo è di più del suo bisogno».
È la valorizzazione delle risorse, delle potenzialità che vanno riscoperte sempre, anche in chi sembra non averne: un pensiero che si contrappone decisamente al piagnisteo sulla penuria del “non ce n’è per tutti”. Linee direttive del servizio sociale e dei programmi occupazionali di Caritas Ticino per ridare un lavoro ai disoccupati perché dalla povertà si esce solo diventando soggetti economici produttivi. Un principio di tipo imprenditoriale applicato a tutta la nostra organizzazione, che ha abbandonato completamente la logica filantropica delle collette, sviluppando un modello d’impresa sociale in cui si può anche finanziare uno studio televisivo e una produzione settimanale che dica a tutti, in particolare a quei 6000 disoccupati passati nei nostri programmi: «ce la puoi fare». Nella trasmissione CATIvideo la rubrica “Le faremo sapere” dà voce a chi è temporaneamente occupato in una delle nostre strutture e cerca lavoro: in qualche minuto una persona racconta in video la propria speranza per un futuro professionale migliore ma, in fondo, in filigrana, stiamo proponendo una visione economica etica e solidale dove la persona è soggetto attivo.
Vent’anni di produzione televisiva, prima artigianale in solaio e poi sempre più professionale e tecnologica, osando, per catturare il pubblico, scelte di format inusuali e la realtà virtuale in 3D disegnata col computer; ma ciò che conta di più è quel fotogramma ideale che mi piacerebbe realizzare davvero coi mille volti delle persone che sono passate davanti e dietro alle nostre telecamere, custoditi nella memoria elettronica delle 1000 puntate andate in onda su TeleTicino e sul web.
Dai nomi eccellenti alle persone più semplici, che ci hanno raccontato se stessi, le loro visioni e riflessioni, le loro speranze: Georges Cottier, Dominique Lapierre, Angelo Scola, Muhammad Yunus, Giacomo B. Contri, Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, padre Mauro Lepori, Carlo Doveri, Graziano Martignoni, Stefano Zamagni, o Ruth Fayon che ci ha mostrato il numero tatuato sul braccio ad Auschwitz e una suorina che da dietro le sbarre della clausura ci ha parlato di libertà vera. E il vescovo Giuseppe Torti che aveva dichiarato alle nostre telecamere: «Se San Paolo avesse avuto una parabola satellitare per comunicare, chissà cosa avrebbe combinato».
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