mercoledì 5 febbraio 2014

SONDAGGIO SUI CATTOLICI IN CH (2o contributo)

Ieri sera sono stato intervistato da un giornalista, che, con una certa sagacia, mi ha chiesto non tanto una reazione al sondaggio e ai suoi risultati, ma qualche considerazione sulle reazioni, per esempio dei vescovi.
Ho reagito spiegando che anche questo sondaggio, come il dibattito che da anni scorre nella Chiesa e fuori di essa, attorno alla trasformazione culturale della famiglia, più che mettere in discussione i principi, pone un interrogativo importante non tanto alle gerarchie ecclesiastiche, ma alle comunità ecclesiali, ai pastori e a tutti coloro che hanno una responsabilità educativa, ai fedeli e alla loro profondità di adesione al messaggio evangelico e alla sua traduzione nella nostra realtà contemporanea.
Indicativo ad esempio di una distorsione del dibattito, se pure gestita con intelligenza, è quanto apparso su un quotidiano locale, che, da un lato metteva insieme dichiarazioni fatte in tempi e contesti diversi, chiarendo subito dopo che sapeva di fare un'operazione indebita, come quando si mette in primo piano un atto violento, salvo poi ribadire che il servizio televisivo non voleva sottolineare la violenza,  ma soprattutto concludendo il suo articolo, con una palese manipolazione di un detto agostiniano, ripreso anche da Lutero, "ama e fa ciò che vuoi.".
In Agostino, il vescovo di Ippona, dottore della chiesa, il concetto era chiarissimo, perché amore era la scelta di Gesù di dare la vita per i propri amici, quindi per esempio in ambito matrimoniale, significava non certo l'espressione di un sentimento, di una emozione, di una consumazione del rapporto, come si consuma molta della nostra realtà.
Noi parliamo delle ragioni del cuore, ma il cuore è cambiato, oggi è quello del romanticismo, della ribellione ad una legge vincolante, dell'assoluta priorità dei sentimenti, così che un rapporto può finire, perché semplicemente in uno dei due o in entrambi si è "spento" qualcosa.
Intendiamoci bene, io non sto giudicando le persone, tanto meno mi permetto di pensare che tutti quelli che divorziano e si risposano o che si innamorano di una persona dello stesso sesso sono degli inguaribili superficiali, ma che il contesto culturale in cui ci muoviamo è radicalmente diverso da quello nel quale è stata scritta la Bibbia e i vangeli.
La questione allora è per esempio cosa ha valore di verità nel definire il nostro essere uomini.
C'è un grande desiderio di pienezza e di completezza, tale per cui spesso le persone si sposano non una, non due, ma tre o 4 volte.
In questo modo, tentano di dire che sperano di trovare un luogo definitivo dove "mettere su casa". 
La Chiesa insiste nel dire che non è inseguendo il cuore romantico, se pure ricco e affascinante, ma ritrovando il cuore biblico, quello che sceglie di restare fedele, che l'uomo ritroverà le sue radici.
Accogliere un'ottica come questa implica per esempio che un matrimonio non si può dare per scontato o accompagnare finché animato da un sentimento, ma va curato, coltivato come la pianta più preziosa del proprio giardino.
Oggi quello che noi dobbiamo fare, se apparteniamo alla Chiesa, è riflettere sulla distanza enorme fra annuncio evangelico e percezione umana.
Tutto questo ci attraversa, non è una questione di noi e gli altri, perché noi non siamo estranei alla cultura in cui nuotiamo.
A questo in anticipo in qualche modo sui risultati del sondaggio, che non penso stupirà il santo Padre, ha già risposto in qualche modo Papa Francesco, ricordando ai credenti prima e a tutti poi, che accogliere il Vangelo nella propria vita è la scelta più umanizzante che esista.
Di fronte a questo scollamento, che del resto è quello di sempre, da quando Gesù Cristo è sceso in terra e si è posto come segno di contraddizione, la domanda giusta è per un credente "quanto mi interpella questo Vangelo e quanto cambia la mia vita?"
Il resto sono piani pastorali, scelte sociali, più o meno efficaci, più o meno credibili, più o meno tradotte poi in una prassi reale nelle comunità.
Paradossalmente, ma poi non tanto, un questionario come questo e le sue risposte più o meno attese, è un pressante invito alla mia conversione.
Come diceva il dottor Tanzi, a proposito dell'eutanasia, spesso è richiesta per la paura di soffrire, di restare soli, di essere di peso, ecc. ma quando alla persona vengono date tutte le rassicurazioni necessarie, quando si aiutano i famigliari a gestire il momento difficile, sono rari i casi in cui si chieda ancora un intervento attivo per togliere la vita.
Allo stesso modo, non c'è altra soluzione, che mostrare la bellezza e la verità del vangelo e dell'uomo da esso richiamato, per aiutare più persone possibile a ritrovare la loro casa. 
Poi ci saranno scelte pastorali, correttivi (per esempio) per snellire e semplificare le cause di nullità matrimoniale, una attenzione maggiore a non escludere le famiglie ricostituite dalla comunità ecclesiale, la battaglia perché le discriminazioni legate al genere e alle scelte sessuali siano abolite, ma prima di tutto credo sia necessario ripensare non solo la propria adesione al vangelo che diciamo di aver accolto, ma anche lo zelo nella missione, cioè nella possibilità di testimoniare a più persone possibile la bellezza che abbiamo scoperto, se l'abbiamo trovata.

Dante Balbo

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